Decarbonizzazione in Cina ed Europa: trend 2020-2060

Focus speciale sul ruolo dell’energia idroelettrica nella transizione energetica globale

di Frosio Next 

Luglio 2025

La Cina e la sfida della decarbonizzazione

Carbon free entro il 2030: un obiettivo altamente improbabile per la Cina, nonostante gli sforzi in corso. Ad oggi, la Repubblica Popolare Cinese resta il primo emettitore globale, con una dipendenza significativa dal carbone, che nel 2024 ha ancora coperto il 66% della produzione elettrica nazionale. Come noto questo dato resta dominante anche a fronte di un’espansione imponente delle fonti rinnovabili – solare, eolico, nucleare e idroelettrico – che insieme hanno superato in capacità installata le centrali termiche convenzionali.

Tuttavia, solo tra il 22% e il 29% del consumo elettrico effettivo è stato effettivamente soddisfatto da queste fonti. Nonostante ciò, un primo calo delle emissioni è stato osservato nel 2025, con una diminuzione stimata dell’1% su base annua, segno che la transizione, seppur graduale, è iniziata.

Obiettivi al 2030: un punto di svolta, ma non la meta finale

Il piano climatico ufficiale della Cina punta a raggiungere il picco delle emissioni “prima del 2030”, per poi avviarsi verso la neutralità carbonica entro il 2060. I target prevedono una riduzione dell’intensità carbonica del 65% rispetto ai livelli del 2005, l’incremento delle fonti non fossili al 25% del mix energetico, e una capacità installata combinata di almeno 1.200 GW da solare ed eolico. Tuttavia, secondo le valutazioni del Climate Action Tracker, tali obiettivi risultano ancora “fortemente insufficienti”, poiché privi di un limite assoluto alle emissioni.

Le difficoltà strutturali della transizione

Le sfide per la Cina sono enormi, sia dal punto di vista tecnico che economico. La dipendenza dal carbone resta marcata: solo nel 2024 sono stati autorizzati 66,7 GW di nuova potenza a carbone. Servono investimenti colossali – si stimano oltre 17 trilioni di dollari – per potenziare ulteriormente solare, eolico,idroelettrico, reti intelligenti e sistemi di accumulo.

Il comparto industriale pesante (siderurgia, cemento, chimica) rappresenta una parte difficile da decarbonizzare, rendendo fondamentali soluzioni come la cattura e stoccaggio del carbonio (CCS) o l’idrogeno verde. Inoltre, la domanda energetica continua ad aumentare, costringendo il governo a mantenere riserve fossili affidabili.

Il ruolo dell’idroelettrico nella strategia energetica cinese

In questo contesto, l’idroelettrico gioca un ruolo chiave. Pur essendo spesso trascurato nel dibattito sulle energie rinnovabili, l’energia idroelettrica rappresenta una delle fonti più stabili, flessibili e strategiche per la Cina. Il Paese ha investito enormemente negli ultimi due decenni in grandi dighe e bacini – tra cui la celebre Diga delle Tre Gole oltre a progetti recenti ed in fase di approvazione  come quello della maxi diga e relativo impianto  sul fiume Yarlung Zangbo (produzione stimata di 300 TWh).

Inoltre, l’idroelettrico offre vantaggi particolari per il sistema elettrico nazionale: fornisce energia di base e di punta, contribuisce alla sicurezza idrica e alla regolazione delle piene e rappresenta una componente essenziale per evitare black-out nelle regioni meno sviluppate. Tuttavia, resta il problema dell’impatto ambientale e sociale di grandi impianti, che impone una pianificazione molto più sostenibile per il futuro.

Prospettive future: 2055 e oltre

Secondo le previsioni di alcuni istituti come l’Energy Research Institute (CNPC), la Cina potrebbe raggiungere la neutralità carbonica nel settore elettrico già intorno al 2055. Tuttavia, la decarbonizzazione completa – considerando anche industria, trasporti e riscaldamento – è attesa più verosimilmente entro il 2060. Scenari più ambiziosi, allineati all’obiettivo globale di 1,5 °C, richiederebbero interventi drastici ben prima del 2030.

In sintesi, la Cina sta compiendo progressi, ma la completa transizione verso un sistema carbon-free non avverrà nel prossimo quinquennio. Il percorso è partito, e l’idroelettrico sarà una delle colonne portanti per stabilizzare la rete elettrica durante la transizione.

Europa e Italia: percorsi più avanzati, ma non ancora carbon-free

Nel frattempo, l’Unione Europea mostra risultati incoraggianti. Nel 2024, il 47–50% dell’elettricità prodotta proveniva da fonti rinnovabili – in particolare solare, eolico, idroelettrico e biomasse – con un ulteriore 24% garantito dal nucleare. Le fonti fossili hanno rappresentato meno del 22% del mix elettrico, segnando una riduzione importante delle emissioni, specialmente nel settore del carbone, sceso del 68% rispetto al picco del 2003.

Anche qui, l’idroelettrico gioca un ruolo fondamentale, soprattutto nei Paesi alpini e nordici, dove contribuisce con costanza alla produzione elettrica annuale. In Italia, ad esempio, rappresenta circa il 20% dell’elettricità prodotta (2024) – un dato significativo se paragonato ad altri Paesi mediterranei.

 

Il ruolo dell’idroelettrico in Europa: una risorsa stabile e strategica

Se in Cina l’idroelettrico è al centro di una strategia su larga scala, anche l’Europa continua a valorizzare questa fonte come elemento strutturale nella transizione energetica. In particolare, nei Paesi alpini (Italia, Francia, Svizzera, Austria) e nordici (Svezia, Norvegia, Finlandia), l’energia idroelettrica rappresenta una quota significativa del mix elettrico nazionale, spesso superiore al 20–30%, garantendo continuità, modulabilità e flessibilità alla rete.

Rispetto a solare ed eolico – soggetti a intermittenza – l’idroelettrico offre capacità di regolazione rapida, fondamentali per l’integrazione delle rinnovabili variabili e la stabilizzazione della frequenza di rete. È inoltre uno strumento essenziale per il bilanciamento dei mercati elettrici, in particolare nelle zone interconnesse e montane. Tuttavia, le possibilità di nuova espansione sono limitate, sia per vincoli ambientali sia per la quasi saturazione del potenziale installabile in molte aree europee. Per questo, il focus si sta spostando sui revamping e sull’ ottimizzazione degli impianti esistenti, con l’introduzione di tecnologie digitali e turbine ad alta efficienza;integrazione con i sistemi di accumulo e smart grid per una gestione più flessibile della domanda;sviluppo di impianti di pompaggio (pumped storage) per fornire capacità di riserva e risposta rapida. L’idroelettrico, quindi, non sarà la fonte di maggiore crescita in Europa, ma continuerà a giocare un ruolo fondamentale come backbone tecnico per garantire resilienza al sistema, specie in uno scenario ad alta penetrazione rinnovabile.

L’Italia tra crescita e limiti

L’Italia, con oltre il 41% della produzione elettrica da rinnovabili nel 2024 (e picchi oltre il 45%), ha registrato un incremento importante: +13% di produzione rinnovabile rispetto all’anno precedente, con un balzo del 30% per l’idroelettrico. Tuttavia, il mix energetico italiano resta ancora dominato dal gas (circa 37%), e l’obiettivo di un’Italia completamente carbon-free al 2030 appare fuori portata.

Il Piano Nazionale Energia e Clima (NECP) prevede il raggiungimento del 39,4% di rinnovabili nel consumo totale entro il 2030. Ma il settore dei trasporti, del riscaldamento e dell’industria continua a dipendere fortemente dai combustibili fossili.

Mix comparto energia elettrica. Ecco i trend stimati (2020-2030):

  • Cina (2020–2030): mostra una progressiva riduzione delle fonti fossili dal 66% al 35%, con una crescita sostenuta delle rinnovabili e del nucleare fino al 60%.
  • Europa (2020–2030): evidenzia un passaggio ancora più rapido verso un sistema energetico (comparto elettrico) quasi completamente carbon-free entro il 2030.

Riportiamo anche il trend stimato di decarbonizzazione generale  (ovvero comprendente tutti i comparti energetici) sul lungo periodo:

  • Cina (2020–2060): mostra una progressiva riduzione delle fonti fossili dal 66% al 5%
  • Europa (2020–2060): evidenzia un passaggio ancora più rapido verso un sistema energetico quasi completamente carbon-free entro il 2060.

Conclusioni: un futuro a due velocità

Nel comparto elettrico, l’Europa potrebbe raggiungere un mix quasi completamente carbon-free entro metà secolo, grazie all’integrazione accelerata di rinnovabili e nucleare.Tuttavia, questo percorso richiede investimenti costanti, visione strategica e stabilità decisionale, oggi messi alla prova da vincoli economici e da un contesto normativo frammentato a livello UE e nazionale.

La Cina, pur partendo da una più forte dipendenza dal carbone (66% nel 2024), adotta una pianificazione più centralizzata e a lungo termine, con una visione razionale degli investimenti e meno soggetta a fratture politiche e regolatorie.

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